Il dietro le quinte dei Mondiali raccontato da un vicentino in Brasile
Lunedi 16 Giugno 2014 alle 10:55 | 0 commenti
 
				
		Riceviamo da Alessandro Mantovani, vicentino residente a Florianopolis in Brasile, e pubblichiamo - È cominciata male l’attesa campagna dei movimenti brasiliani contro i mondiali. È vero che nella partita di inaugurazione Dilma è stata contestata dalle tribune, ma dati i costi proibitivi dei biglietti quella non era certo la voce del popolo.
Solo un episodio, passato quasi inosservato, ha  fatto filtrare dentro lo stadio le problematiche che il Brasile sta  vivendo: un bambino indio, tra i figuranti della cerimonia, uscendo dal  campo è riuscito per un attimo a esibire un cartello rivendicante la  demarcazione delle terre indigene. 
Ma  l’ordine dentro gli stadi era scontato e atteso. Anche fuori però le  speranze di chi intendeva davvero mettere i bastoni tra le ruote  all’evento organizzato dalla FIFA sono andate deluse.
Due  – per i movimenti – i brutti segnali di esordio. La sostanziale  sconfitta dello sciopero dei lavoratori della metropolitana di San  Paolo, che per cinque giorni avevano messo in ginocchio la città: non  tanto per aver ottenuto un aumento salariale di circa il 9% contro il  12% richiesto, quanto per la debolezza emersa non appena lo sciopero è  stato dichiarato “illegale†dal Tribunale del Lavoro, con la conseguente  perdita del salario e con una pesantissima multa al sindacato  organizzatore. A quel punto, complice probabilmente la direzione  sindacale, l’astensione dal lavoro è crollata. Il peggio è che i  lavoratori sono tornati al loro posto benché la direzione dell’azienda  avesse rifiutato una delle rivendicazioni più qualificanti, ossia la  riassunzione dei 42 lavoratori licenziati per aver partecipato a  picchetti. Una pagina da cancellare, il cui reale significato non può  essere nascosto dalla “campagna nazionale e internazionale†per il  reintegro dei licenziati lanciata poi dal sindacato.
L’altro  colpo è venuto dal fatto che, a due giorni dall’apertura della “Copaâ€,  sempre a San Paolo, la maggiore metropoli brasiliana, il Movimento dei  Lavoratori Senza Tetto (MLST), dopo aver ricevuto “promesse†di  costruzione e assegnazione di alloggi da parte governo, ha proclamato la  fine della mobilitazione.
D’altra  parte la Presidentessa Dilma, schierati 57.000 soldati a presidiare gli  stadi, in aggiunta alle già cospicue forze di polizia, lo aveva detto  chiaramente, in un duro discorso a poche ore dal calcio d’inizio: non  saranno tollerati attentati al “diritto†ad assistere alle partite. E  mentre le sue parole erano trasmesse dalle emittenti, un’ondata di  fermi, identificazioni e perquisizioni veniva attuata dalle forze  dell’ordine: 70, negli ultimi tempi, i militanti, soprattutto del  movimento “Passe Livreâ€, toccati a San Paolo, dove in un anno, ben 700  sono stati gli attivisti indagati. 
A  Rio, nel contempo, sempre a poche ore dal primo fischio arbitrale,  undici appartenenti ai movimenti hanno subito il medesimo trattamento.  Tra loro la leader Elisa de Quadros Sanzi, detta Sininho, l’avvocato  Eloisa Samy e il cameramen Thiago Rocha, a cui sono state notificati  avvisi di reato.
Insomma, un chiarissimo ed inequivocabile segnale intimidatorio.
Le  manifestazioni, che pur ci sono state, non hanno poi raggiunto i numeri  sperati: poche centinaia di militanti a San Paolo, un migliaio a Belo  Horizonte e Fortaleza, due migliaia a Porto Alegre, stessi numeri a Rio,  dove c’è stata anche una manifestazione dei lavoratori dell’edilizia, e  dove ci sono stati scontri con la polizia, il ferimento di tre  giornalisti, tra cui una della CNN, e il fermo di undici persone. Anche  il movimento “Passe Livre†si è visto poco, e le cose su quel fronte non  devono andare benissimo se in questi ultimi mesi ben nove capitali di  Stato brasiliane hanno di nuovo aumentato i prezzi dei biglietti degli  autobus.
Certo,  le contraddizioni del Brasile non sono finite: molti scioperi sono  tuttora in corso in tutto il paese, particolarmente nei trasporti e  nell’istruzione. Ma a pochi giorni dall’inizio dei mondiali il governo e  la FIFA stanno dando l’impressione di potercela fare senza troppi  sconquassi. 
Un  aspetto va sottolineato a questo punto: dopo le grandi lotte contro la  dittatura, a cui avevano partecipato la borghesia democratica e gli  intellettuali, tra cui scrittori e musicisti brasiliani noti in tutto il  mondo, il movimento del giugno scorso aveva mostrato una composizione  di classe diversa, più marcatamente proletaria e popolare. Assente  appunto la borghesia, ivi compresa la neo-borghesia lulista, che vota un  PT ormai tutt’uno con il capitalismo brasiliano. 
Ancora  un anno fa, tuttavia, anche la piccola borghesia era scesa in piazza,  nella quale le sue generiche proteste contro la “corruzione†si erano  confuse con le rivendicazioni proletarie e popolari. 
Nel movimento Não vai ter Copa, al contrario, i proletari, i senza tetto, gli indios, i lavoratori, sono rimasti soli.
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