Foibe, Ciambetti: l'oblio, odiosa prigione per martiri ed eroi sconosciuti
Martedi 10 Febbraio 2015 alle 15:03 | 0 commenti
 
				
		
		Roberto Ciambetti, assessore della Regione Veneto,  scrive un suo pensiero nel giorno del ricordo del massacro delle foibe
Il giorno della memoria dovrebbe essere il giorno del silenzio in cui si chiede perdono, silenzio da riempire con un pensiero, una preghiera, un ricordo. Non è il giorno delle polemiche ma nemmeno la ricorrenza con cui, il più velocemente possibile, lavare la coscienza collettiva e così evitare di fare i conti con la nostra storia, con le nostre responsabilità .
Foibe, campi di prigionia, navi stracolme di esuli a cui  venne impedito  l’attracco nei porti, treni boicottati e via via  dicendo:  più che il  ricordo dovrebbe contare la vergogna per quanto  accadde in quei mesi  amari.
Abbiamo fatto veramente i conti con  quella pagina oscura del  profugato  istriano e dalmata? O i più hanno  rimosso quelle giornate  drammatiche in cui si negava l’evidenza  giungendo persino a negare  l’accoglienza e l’ospitalità ai profughi  istriani o dalmati.   Chi  ricorda  il treno delle vergogna e il suo  arrivo nella stazione di  Bologna nella mattinata del 18 febbraio 1947  quando fu negato alla  Croce Rossa e alla Pontificia opera d’assistenza  di portare pasti caldi  a quella gente  fuggita da Pola stipata in carri  merci?  Peersino il  Giro d’Italia fu preso a sassate per impedire che i  girini arrivassero a  Trieste: era stato eletto, da poche ore, il primo  presidente della  Repubblica, ma evidentemente c’erano italiani di serie  B.
Non si  tratta di rinvangare momenti che vanno necessariamente  contestualizzati  nel clima dell’epoca, ma è necessario ricordare che si  tentò di  trasformare le vittime  in colpevoli: migliaia e migliaia di   veneti-istriani e dalmati costretti ad abbandonare la loro terra natale,   dove per secoli etnie diverse avevano condiviso gioie, amarezze,   speranze.
Ci fu la tragedia delle foibe e non l’ultimo insulto   sofferto da chi aveva già perduto tutto:  l’ultimo insulto fu la   menzogna, il silenzio, la rimozione infastidita.
Un giorno speriamo   che nelle nostre scuole in occasione dell’11 febbraio  si leggano quelle   pagine che Ligio Zanini nel suo Martin Muma dedicò all’esodo di Pola e   allo spaesamento di quei giorni vissuto da chi aveva fatto la scelta  di  campo di restare in Istria. Sono pagine dolorose: “….Passò così la  terza  estate e l'ultima, per i Polesi rimasti, in cui, drio la Rena, si  poté  esprimere la propria opinione politica, anche se contraria al  vento  predominante, senza la paura del delatore, del sporco spiòn, che  ti  facesse vedere il sole a scacchi o come minimo, un'ulteriore  aggiunta  alla scheda personale che sarebbe stata tirata fuori, al  momento  opportuno, da chi di competenza...â€
Così, senza retorica,  senza  accusare chicchessia di errori ed orrori guardiamo a quei giorni  con il  rispetto che si deve alle vittime della storia, senza aggiungere  altro,  se non, appunto, una preghiera, un pensiero, un ricordo con il  capo  chino di chi chiede perdono per l’’assurdo oblio, più duro d’ogni   prigione,  in cui tanti martiri ed eroi silenziosi furono troppo a  lungo  imprigionati.
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